Consultazione sul pacchetto di accordi con l'UE: i contenuti principali e le conseguenze per la Svizzera - un primo bilancio

Il 13 giugno 2025 il Consiglio federale ha pubblicato i trattati UE. La procedura di consultazione durerà fino al 31 ottobre 2025. Il pacchetto di trattati comprende 2’228 pagine, alle quali si aggiungono oltre 20’000 pagine di leggi, direttive e regolamenti dell’UE. Tutto questo con l’obiettivo di subordinare istituzionalmente la Svizzera all’UE. Nonostante le conseguenze di vasta portata per la Svizzera, il Consiglio federale non intende nemmeno indire un referendum obbligatorio. In parole povere, il Consiglio federale intende far passare il trattato di sottomissione all’UE senza consultare la popolazione svizzera e i Cantoni.

Il 13 giugno 2025 il Consiglio federale ha avviato la procedura di consultazione sul pacchetto di accordi con l’UE, che comprende 2’228 pagine, alle quali si aggiungono oltre 20’000 pagine di ordinanze di applicazione dell’UE. La portata di questa consultazione è enorme, sia in termini di contenuto che di quantità.

A ciò si aggiungono le ripercussioni sul sistema statale svizzero derivate dall’adozione dinamica del diritto dell’UE (comprese tutte le sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea, le direttive e i regolamenti dell’UE). Indipendentemente dal nome che si attribuisce all’accordo, si tratta di un legame istituzionale unilaterale della Svizzera con l’UE.

Il contenuto. L’intero pacchetto di accordi riguarda settori centrali della politica, della società e dell’economia svizzera: immigrazione, traffico aereo, trasporti terrestri (ferroviari e stradali), agricoltura, ostacoli tecnici al commercio e, di recenti, anche energia elettrica, sanità e prodotti alimentari.

Il fascicolo. Il dossier sui trattati UE comprende 2’228 pagine: 1’101 pagine per i nuovi accordi UE più gli allegati ai trattati esistenti; 931 pagine di spiegazioni del Consiglio federale; 164 pagine di atti legislativi svizzeri che devono essere riformulati o adeguati; 32 pagine di varie panoramiche sui pacchetti legislativi dell’UE, protocolli, accordi ecc. I trattati fanno inoltre riferimento a diverse sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea, direttive e regolamenti dell’UE. Chi li segue si ritrova nella giungla normativa infinita dell’UE. Sono citati complessivamente 307 regolamenti (il 90% dei quali provenienti dall’UE). Questi rimandano ai testi normativi effettivi: 20’897 pagine (di cui 17’968 dell’UE e 2’929 della Svizzera).

Gli elementi istituzionali. L’armonizzazione dell’ordinamento giuridico è uno degli obiettivi principali dell’UE nel quadro del processo di integrazione europea. Pertanto, l’impegno ad adottare in modo dinamico il diritto comunitario è importante per l’istituzione europea: le modifiche o le innovazioni nel campo del diritto dell’Unione devono essere recepite dagli Stati membri nel modo più rapido e completo possibile. Con questi trattati, la Svizzera dovrà recepire unilateralmente il diritto dell’UE: si tratta di un ravvicinamento degli ordinamenti giuridici. La Corte di giustizia dell’Unione europea garantisce interpretazione e applicazione uniformi delle leggi. Le sue sentenze sono «vincolanti» per la Svizzera.

Importante: il diritto dell’UE prevale e sostituisce il diritto svizzero («diritto internazionale»). Il diritto dell’UE si applica anche all’interno della Svizzera: chi produce un articolo in Svizzera esclusivamente per il mercato interno deve rispettare il diritto dell’UE. Lo stesso vale per le imprese che esportano i propri prodotti in mercati al di fuori dell’UE: non devono solo rispettare le norme del mercato di destinazione (ad es. USA), ma anche soddisfare i requisiti normativi dell’UE nei settori interessati. Ciò elimina un importante vantaggio competitivo delle imprese svizzere rispetto ai loro concorrenti dell’UE nel commercio mondiale.

Importante: la Svizzera dispone di una procedura di consultazione consolidata, alla quale partecipano associazioni e partiti. L’amministrazione consulta gli uffici competenti e deve valutare i costi derivanti dalla regolamentazione. La procedura svizzera, che produce effetti concreti, non è paragonabile al «decision shaping» europeo, dove le audizioni nell’ambito degli organi dell’UE non sono vincolanti. Il potere è nelle mani della Commissione, dell’amministrazione dell’UE e dei lobbisti: quest’ultimi a Bruxelles sono circa 12’000. Questo sistema favorisce le grandi imprese e le organizzazioni rispetto alle piccole aziende e alle associazioni. Il nuovo metodo di integrazione in vigore rompe il principio di equivalenza finora applicato: anche in caso di recepimenti giuridici di rilievo, la decisione spetta al comitato misto, senza che abbia luogo una consultazione pubblica.

Importante: il livello di regolamentazione nell’UE è molto più elevato che in Svizzera. Lo dimostra il solo numero di regolamenti UE (17’968 pagine) rispetto a quelli svizzeri (2’929 pagine) che devono essere recepiti nell’ambito del pacchetto di accordi: il volume dei regolamenti UE è sei volte superiore.

Un confronto economico evidenzia che la Svizzera si trova in una posizione molto più favorevole rispetto all’Unione Europea.

Molte ragioni spiegano la migliore situazione della Svizzera. Tra queste figurano la minore densità normativa, la politica economica orientata all’ordine pubblico e l’attuazione per lo più pragmatica delle normative. Gli strumenti della democrazia diretta, in particolare la minaccia costante del referendum, hanno un effetto frenante sulla proliferazione delle spese pubbliche.

L’UE sta regolamentando in modo più ampio e approfondito. È poco flessibile e coinvolge scarsamente l’economia nell’attuazione delle normative. Il risultato:

  • 2019-2024: +13’000 nuove normative UE
  • Ogni anno: +2’000 nuove disposizioni
  • Legge sulla protezione del clima («Green Deal») di 14’000 pagine
  • Ordinanza sugli alimenti di 2’000 pagine
  • Il regolamento sulla protezione dei dati costa alle aziende 5’000 euro all’anno
  • Legge sulla catena di approvvigionamento, direttive sulla deforestazione, tassazione delle emissioni di CO₂, rendicontazione di sostenibilità, ecc.

L’economia svizzera si trova ad affrontare sfide significative. La politica doganale degli Stati Uniti è solo l’ultimo ostacolo che il Paese deve superare nella concorrenza globale. Per diventare più competitiva, la Svizzera deve ridurre gli oneri normativi che gravano sulle imprese e diventare più innovativa.

Il pacchetto UE è un programma normativo a tutti gli effetti, con tutti i costi che ne derivano. Esso limita le possibilità delle imprese e ha quindi un impatto negativo sulla capacità innovativa dell’economia. In una valutazione costi-benefici occorre valutare attentamente se i vantaggi di un accesso semplificato al mercato dell’UE superino i costi.

1. La Svizzera deve adottare unilateralmente il diritto dell’UE: è una questione di allineamento degli ordinamenti giuridici.
  • L’armonizzazione dell’ordinamento giuridico è uno degli obiettivi principali dell’UE nell’ambito del processo di integrazione europea. Pertanto, l’obbligo di recepimento dinamico è importante per l’istituzione europea: le modifiche o le innovazioni nel diritto dell’Unione devono essere recepite dagli Stati membri nel modo più rapido e completo possibile.
  • La dichiarazione del Consiglio federale secondo cui la Svizzera potrà continuare a decidere liberamente se recepire o meno il diritto dell’UE è errata e fuorviante: dal punto di vista dell’UE, lo scopo effettivo dei nuovi accordi è quello di armonizzare gli ordinamenti giuridici, ovvero garantire il recepimento del diritto da parte della Svizzera.
2. La Svizzera non ha praticamente alcuna voce in capitolo nel processo legislativo dell’UE.
  • Nell’Unione Europea, il diritto di iniziativa (formulazione di proposte concrete per nuove normative) spetta esclusivamente alla Commissione Europea. Il Consiglio dei Ministri e il Parlamento Europeo hanno solo un diritto di proposta non vincolante.
  • In tale contesto va vista la partecipazione della Svizzera al processo decisionale. In questa fase iniziale del processo legislativo non esiste ancora alcuna proposta legislativa concreta e non vengono prese alcune decisioni. La partecipazione è quindi di natura informale e non vincolante.
  • Il fatto che, secondo il Consiglio federale, alla Svizzera sia garantita «la massima partecipazione possibile al processo di elaborazione degli atti giuridici dell’UE» ha un significato sostanziale limitato: il «decision shaping» non è paragonabile né a una procedura di consultazione né alla consueta consultazione tra uffici dell’Amministrazione federale. Mentre le procedure svizzere hanno conseguenze concrete, le audizioni nell’ambito degli organi dell’UE rimangono non vincolanti. La decisione spetta alla Commissione europea. È quindi tanto più sorprendente che il Consiglio federale consideri la partecipazione a questo processo come un guadagno di sovranità.
  • Secondo il Consiglio federale, resta ancora da definire in che modo il Parlamento, in qualità di autorità suprema e organo legislativo, debba essere coinvolto in questo processo (e se possa esserlo)1.
3. Il Consiglio federale e l’amministrazione acquisiscono un potere considerevole; il Parlamento diventa puramente un oggetto decorativo.
  • Sebbene di fatto vi siano poche possibilità concrete di avere influenza nelle decisioni, sarà importante chi rappresenterà la Svizzera negli organi competenti. La definizione della posizione della Svizzera spetta al DFAE e ai dipartimenti responsabili del settore oggetto dell’accordo.
  • La valutazione della competenza cantonale spetta ai rappresentanti della Confederazione competenti in materia. È molto probabile che la Svizzera sia rappresentata negli organi competenti principalmente da funzionari dell’Amministrazione federale.
  • Il ruolo del Parlamento in qualità di autorità suprema della Svizzera rimane poco chiaro. Le possibilità di partecipazione del Parlamento alla recezione dinamica del diritto prospettate dal Consiglio federale sono tutte di natura informale.
4. I diritti democratici di partecipazione vengono notevolmente limitati.
  • Nel procedimento di integrazione, gli atti giuridici dell’UE inseriti negli accordi diventano parte a tutti gli effetti dell’ordinamento giuridico svizzero semplicemente in virtù della loro integrazione nell’accordo. Sono riservati eventuali adeguamenti da parte del Comitato misto. Si tratta quindi di un caso di applicabilità diretta. Gli atti giuridici adottati con la procedura di equivalenza non sono invece direttamente applicabili: l’ordinamento giuridico svizzero deve prima essere armonizzato. Ciò consente almeno una procedura di consultazione e di legiferare con regole ben precise.
  • Per consentire alla Svizzera di avere voce in capitolo nella procedura di integrazione, i suoi rappresentanti devono richiedere in ogni singolo caso che il Comitato misto (CM) proceda a uno scambio di opinioni sull’atto giuridico. In tale sede, la delegazione svizzera deve segnalare se un atto giuridico dell’UE ha valore legislativo o se, per altri motivi, deve essere sottoposto a referendum. Se la rappresentanza svizzera omette di farlo, la decisione del CM entra in vigore. In questa procedura sussiste il rischio latente che i rappresentanti svizzeri cerchino di aggirare i referendum classificando gli atti giuridici a livello di ordinanza.
  • Il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati non hanno alcuna voce in capitolo nella procedura di integrazione: non sono coinvolti né nell’elaborazione del progetto di legge né nella decisione finale. Di conseguenza, una parte essenziale del processo legislativo sfugge al legislatore, ma anche alle associazioni e ai gruppi di interesse. Non esiste una procedura legislativa interna.
  • Se la rappresentanza svizzera giunge alla conclusione che la regolamentazione deve essere sottoposta a referendum, si procede a una votazione popolare. In tal caso, tuttavia, gli aventi diritto di voto non avranno una vera scelta: se respingono il progetto, la Svizzera viola i propri obblighi e l’UE può adottare misure compensative (ovvero sanzioni). Queste ultime non sono note al momento della votazione, il che solleva la questione dell’adeguatezza delle informazioni fornite agli aventi diritto di voto.
  • Restrizioni analoghe saranno applicate al diritto d’iniziativa. Le iniziative contrarie al diritto dell’Unione in vigore rischiano di essere dichiarate nulle. Qualora fossero dichiarate valide e sottoposte a votazione, la questione spetterebbe al Tribunale federale, che ha deciso a favore della prevalenza del diritto dell’Unione2.
  • È una novità il fatto che l’adozione del diritto nel settore della libera circolazione delle persone debba ora avvenire tramite la procedura di integrazione. In futuro, i nuovi atti giuridici dell’UE entreranno automaticamente a far parte dell’ordinamento giuridico svizzero non appena saranno integrati nell’accordo. Finora al dossier migratorio si applicava il metodo dell’equivalenza. Secondo il Consiglio federale, tuttavia, ciò valeva solo in teoria, mentre nella pratica si seguiva già da tempo il principio dell’integrazione. Con il nuovo pacchetto di accordi UE-Svizzera, la mancata ripresa comporterebbe tuttavia misure compensative.
5. I tribunali svizzeri perdono indipendenza e diventano più politicizzati.
  • L’autonomia dei tribunali svizzeri viene ulteriormente limitata dai nuovi trattati UE. I tribunali svizzeri, ma anche il tribunale arbitrale in caso di controversia, devono seguire la prassi della Corte di giustizia dell’Unione europea.
  • Secondo la recente prassi del Tribunale federale, il diritto dell’Unione europea ha la precedenza sul diritto nazionale. Pertanto, anche se il legislatore nazionale e il legislatore costituzionale volessero deliberatamente discostarsi dal diritto dell’UE, il Tribunale federale considererebbe tali decisioni irrilevanti.
  • I tribunali svizzeri saranno sempre più chiamati a garantire l’applicazione del diritto dell’Unione in conformità con la prassi della Corte di giustizia dell’Unione europea.
6. Il protocollo istituzionale non migliorerà la certezza giuridica

Il pacchetto contrattuale non contiene alcun obbligo esplicito e vincolante da parte dell’UE di eliminare gli ostacoli all’accesso al mercato dell’UE. L’unico punto chiaro è che la Svizzera si impegna ad allineare il proprio diritto interno a quello dell’UE nei settori oggetto dell’accordo; in caso di inadempienza, sono previste misure di compensazione.

Infine, la «sicurezza giuridica» deve essere considerata anche alla luce delle future relazioni tra la Svizzera e l’UE. Con il nuovo accordo MRA e il meccanismo istituzionale di risoluzione delle controversie e di conciliazione, l’UE può continuare a esercitare pressioni politiche sulla Svizzera per ottenere determinate concessioni politiche o economiche. Né l’MRA né gli altri accordi impediscono all’UE di continuare a formulare richieste o di esercitare pressioni al di fuori del loro ambito di applicazione, ad esempio per quanto riguarda l’accordo di libero scambio del 1972 o la regolamentazione dei mercati finanziari. Da un punto di vista giuridico, il pacchetto non protegge in alcun modo da nuovi tentativi dell’UE di allineare la Svizzera al diritto dell’UE in altri settori giuridici.

7. La concentrazione di potere all’interno della Commissione europea porta a cambiamenti politici radicali

La concentrazione di potere all’interno della Commissione europea può portare a cambiamenti politici radicali nell’UE, impossibili in Svizzera grazie ai processi democratici. Il divieto di circolazione delle auto con motore a combustione interna a partire dal 2035 è uno di questi cambiamenti radicali, che non ha nulla a che vedere con la certezza del diritto, ma mette a rischio la spina dorsale dell’industria tedesca. Nello stesso contesto vanno visti i mostri normativi del «Green Deal» o della legge sulla catena di approvvigionamento.


1 Spiegazioni del Consiglio federale, p. 93

2 NZZ del 28 Aprile 2025: “Für das Bundesgericht hat die Freizügigkeit mit der EU unbedingten Vorrang” (Per il Tribunale federale, la libera circolazione con l’UE ha la priorità assoluta) (si prega di consultare l’allegato)

1. Miliardi per i pagamenti di coesione dell’UE

La Confederazione parla, in termini edulcorati, di «contributo svizzero». Si riferisce ai pagamenti di coesione, una sorta di perequazione finanziaria dell’UE a cui la Svizzera ha partecipato finora su base volontaria. Il contributo è stato approvato dal Parlamento.

  • Fino ad oggi: il Parlamento approva i pagamenti di coesione;
  • Novità: regolare, vincolante, «equo»;
  • Contributo alla coesione della Svizzera finora: 130 milioni all’anno;
  • Contributo alla coesione CH nuovo: 2030-36: 350 milioni all’anno. A partire dal 2037, nuovo calcolo;
  • Rischio sistemico: l’UE fissa l’importo, il totale aumenta, anche i nuovi Stati membri dell’UE si aspettano pagamenti di coesione.

L’UE richiede ora alla Svizzera, che non è membro dell’UE, un «contributo finanziario regolare» e «equo». In concreto, per il periodo 2030-2036 si tratta di 350 milioni di franchi all’anno, per un totale di 2’450 milioni di franchi.

L’importo del contributo viene ridefinito ogni sette anni. È prevedibile che a partire dal 2037 questi pagamenti annuali saranno notevolmente più elevati a causa del «meccanismo giuridicamente vincolante» che la Svizzera si impegna ad applicare con l’accordo con l’UE. Inoltre, l’UE richiede un contributo finanziario conforme agli standard dell’UE e degli Stati SEE.1 Si pone la questione di cosa si intenda per «standard dell’UE»: l’Austria, con una popolazione simile a quella della Svizzera, versa ogni anno 1,12 miliardi di euro nelle casse dell’UE. I Paesi Bassi, economicamente paragonabili alla Svizzera, arrivano a 3,38 miliardi di euro all’anno.2 Non occorre essere dei grandi profeti per prevedere che, se la Svizzera si impegna a effettuare questi pagamenti obbligatori giuridicamente vincolanti, l’importo sarà notevolmente più elevato al momento del prossimo calcolo. E noi non avremo voce in capitolo.

2. La Svizzera paga il doppio pro capite per i programmi dell’UE

La Svizzera partecipa al cosiddetto accordo sui programmi dell’UE (EUPA), che comprende Horizon Europe, Euratom e Digital Europe. A tal fine, il Consiglio federale ha richiesto un credito supplementare di 666 milioni di franchi per il 20253.

Poiché i contributi sono calcolati in base al potere economico (reddito nazionale lordo), la Svizzera paga un prezzo nettamente superiore alla media degli Stati membri dell’UE.

Il bilancio dell’UE per i tre programmi ammonta in media a 17,61 miliardi di euro all’anno. La Svizzera paga il doppio pro capite per partecipare all’EUPA: 74 franchi per abitante contro i 39 euro dell’UE.

3. Costi aggiuntivi e nascosti

  • Onere cantonale: 56-74 milioni di franchi all’anno per l’assistenza sociale a causa dell’immigrazione supplementare dall’UE, più i costi di esecuzione della normativa UE in materia di aiuti di Stato.
  • Costi specifici del settore: 57,5 milioni di CHF/anno per tasse universitarie, 8,57 milioni di CHF/anno per sistemi informativi dell’UE, 5 milioni di CHF/anno per la sanità.
  • Costi di regolamentazione: l’adozione di 150 direttive UE comporta ingenti costi di personale per l’attuazione nel diritto svizzero.
  • Clausola di aumento politico: i contributi possono essere aumentati unilateralmente dall’UE fino al 10% per «motivi politici».
  • Rapporto tra PIL e contributi: la forza economica determina alcuni contributi al programma, pertanto la Svizzera paga il doppio rispetto alla media dei membri dell’UE. Esempio: 666 milioni per programmi di ricerca (credito supplementare I).

4. Costi di regolamentazione e oneri burocratici

L’adozione automatica del diritto dell’UE comporta notevoli costi di regolamentazione per l’economia svizzera. Le imprese devono adeguare continuamente le loro procedure e i loro prodotti alle norme UE in continua evoluzione, senza che queste ultime corrispondano alle condizioni svizzere, che sono spesso più pragmatiche e meno dettagliate.

Particolarmente colpite sono le piccole e medie imprese (PMI), che non dispongono delle risorse necessarie per attuare in modo efficiente le complesse normative UE. Ciò comporta svantaggi competitivi rispetto alle grandi imprese e può compromettere la capacità innovativa dell’economia svizzera.

Il progetto in consultazione viola le direttive del Consiglio federale relative al calcolo dei costi della regolamentazione. Infatti, nei documenti esplicativi manca completamente un calcolo corrispondente. Nel rapporto esplicativo di 931 pagine, i costi della regolamentazione sono menzionati solo in tre punti: in relazione all’accordo sull’energia elettrica, al regime di aiuti e all’accordo sul traffico aereo. Sono citati solo di sfuggita e senza quantificazione.

Non è stata effettuata nemmeno un’analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR). Si fa riferimento alla AIR in modo sporadico in relazione al recepimento parziale della direttiva 2004/38/CE e all’accordo sulla sanità. In diversi settori si è rinunciato esplicitamente alla AIR, ad esempio nell’accordo sul trasporto aereo, in Horizon e Erasmus+ e nella sicurezza alimentare. In altri settori la AIR non viene nemmeno menzionata.

È quindi impossibile stabilire quanto costerà l’attuazione dei vari aspetti del pacchetto UE in Svizzera, sia a livello economico che in termini di burocrazia e amministrazione aggiuntiva a tutti i livelli statali e per le imprese interessate. Il rapporto menziona:

  • Contributo svizzero: 350 milioni di franchi all’anno (2030-2036) = 2,45 miliardi di franchi in totale, più un impegno una tantum di 130 milioni di franchi all’anno fino all’entrata in vigore.
  • Programmi dell’UE: 2,5 miliardi di franchi già versati per le misure transitorie Horizon, più 187,5 milioni di franchi all’anno per Erasmus+ a partire dal 2027.
  • Onere complessivo per il bilancio federale: circa 1,4 miliardi di franchi di spese annuali supplementari a partire dal 2035.
  • Costi del personale: circa 100 equivalenti a tempo pieno (FTE) supplementari a livello federale, spese per il personale 13,5 milioni di franchi all’anno.
  • Aumento automatico: meccanismo di pagamento permanente dopo il 2036 con adeguamento all’inflazione e «fattore di compensazione».
  • Costi della regolamentazione UE: la Germania (la più grande economia dell’UE) è in recessione: la burocrazia e i prezzi elevati (determinati da motivi ideologici) dell’energia hanno aggravato i problemi dell’industria tedesca:

Christian Dürr, ex capogruppo del partito liberale tedesco PLR: «La causa di questa crisi è l’ assurda politica europea, che pone innumerevoli ostacoli alle case automobilistiche.»4

Il maestro copritetto e presidente dell’associazione degli artigiani Jörg Dittrich: «La burocrazia eccessiva provoca impotenza e frustrazione nelle aziende tedesche.»5


1 Parlament gibt Kohäsionsgelder frei und hofft auf Zeichen der EU (Il Parlamento sblocca i fondi di coesione e attende un segnale dall’UE)

2 Nettozahler und Nettoempfänger in der EU | Europa | bpb.de (Contribuenti netti e beneficiari netti nell’UE)

4 Krise der Autobauer alarmiert EU (La crisi delle case automobilistiche preoccupa l’UE)

5 Handwerks-Präsident Jörg Dittrich über Bürokratie-Frust und Reformnot – WELT (Il presidente dell’artigianato Jörg Dittrich parla della frustrazione per la burocrazia e della necessità di riforme)

La libera circolazione delle persone viene ampliata contrariamente alle disposizioni della Costituzione federale. L’UE intende garantire la «parità di trattamento di tutti i cittadini dell’UE»1, e richiede l’adozione della direttiva sui diritti dei cittadini dell’Unione (adozione della direttiva 2004/38/CE e del regolamento (UE) 2019/1157) con solo poche eccezioni, e i cittadini dell’UE dovrebbero ottenere il permesso di soggiorno o il diritto di soggiorno permanente dopo soli cinque anni invece che dopo dieci. Con il diritto di soggiorno permanente viene creato uno status completamente nuovo. I cittadini dell’UE (compresi quelli dei futuri Stati membri più poveri) potranno rimanere in Svizzera anche se diventano disoccupati o dipendenti dall’assistenza sociale, il che comporterà un aumento massiccio dei costi per i contribuenti e un aumento dei contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori.

  • Diritto di stabilimento già dopo 5 anni anziché 10 per tutti i cittadini dell’UE.
  • Nessun contingente per i futuri nuovi paesi dell’UE (Ucraina, Georgia, Moldavia, Stati balcanici: più 60 milioni di cittadini dell’UE).
  • Espulsione in caso di disoccupazione possibile solo se «colpa del singolo».

La Svizzera deve tenere conto della giurisprudenza attuale e futura della Corte di giustizia dell’Unione europea. Ciò significa che anche chi percepisce un’integrazione all’assistenza sociale sin dal primo giorno è considerato «lavoratore». Per ottenere lo status di «lavoratore» e il diritto di soggiorno è sufficiente, ad esempio, lavorare al 40% e guadagnare circa 2’000 franchi al mese. Nell’UE, una settimana lavorativa di 11 ore è già considerata un’attività lavorativa sufficiente.

Un cittadino dell’UE «che esercita un’attività lucrativa» può – nonostante dipenda dall’assistenza sociale complementare – ricongiungersi con la propria famiglia, il cui fabbisogno vitale viene calcolato dall’assistenza sociale, aumentando così ulteriormente il carico. Il coniuge che si è trasferito non può essere obbligato, in base al diritto degli stranieri, a lavorare per ridurre l’assistenza.

La libera circolazione delle persone è stata introdotta gradualmente a partire dal 2002. La piena libertà di circolazione delle persone è in vigore dal 1° giugno 2007 per 27 Stati membri dell’UE, che contano circa 450 milioni di abitanti. Bosnia-Erzegovina, Ucraina, Georgia e Moldavia hanno già presentato domanda di adesione e sono in attesa, mentre sono già stati avviati i negoziati con Albania, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia. Il Kosovo ha lo status di paese candidato. Ciò comporterebbe un ulteriore aumento massiccio della pressione migratoria (si tratta di oltre 60 milioni di cittadini UE in più) sulla Svizzera.

Clausola di salvaguardia:

L’accordo sulla libera circolazione delle persone con l’UE contiene già una clausola di salvaguardia. Nonostante l’immigrazione record, il Consiglio federale non ha mai fatto ricorso a questa possibilità. La nuova clausola di salvaguardia è identica a quella precedente. In caso di «gravi problemi economici o sociali», la Svizzera potrà ricorrere alla cosiddetta clausola di salvaguardia. Anche se le condizioni fossero soddisfatte, l’UE potrà adottare «misure compensative» (ovvero sanzioni). È una procedura assurda, perché la Svizzera agisce in modo legittimo per evitare danni e può comunque essere punita.

In pratica, il Comitato misto e il tribunale arbitrale non consentiranno mai l’attivazione della clausola di salvaguardia: l’UE si trova in una situazione economica e sociale nettamente peggiore rispetto alla Svizzera che non concederà alcuna concessione alla Svizzera fintanto che la sua popolazione continuerà a nutrire un malcontento così diffuso.

  • L’attuale Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC) si basa sul diritto dell’UE del 1999 (Accordi bilaterali I) insieme alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE (CGUE) fino al 1999. Con il Protocollo di modifica dell’ALC, vengono recepiti il nuovo diritto dell’UE in materia di libera circolazione delle persone e la nuova giurisprudenza della CGUE degli ultimi 25 anni.
  • Viene introdotto un nuovo diritto di soggiorno permanente. Ne beneficia chi ha vissuto in Svizzera per 5 anni come lavoratore dipendente o autonomo. Periodi di disoccupazione e di percezione dell’assistenza sociale fino a 6 mesi vengono conteggiati. Anche i falsi lavoratori autonomi ne trarranno vantaggio. Dopo questo periodo, non sarà più necessario soddisfare il requisito di essere lavoratore.
  • Il diritto di soggiorno permanente è di fatto un nuovo permesso di domicilio C PLUS. Lo status è praticamente irrevocabile e si perde solo dopo due anni di assenza dal Paese. La criminalità e la dipendenza dall’assistenza sociale non costituiscono motivi di revoca, a meno che non sia minacciata la sicurezza interna. L’iniziativa sull’espulsione dei criminali stranieri, già di per sé insufficientemente attuata, diventa così lettera morta per i cittadini dell’UE/AELS.
  • I diritti previsti dall’ALC si applicano a tutti i cittadini dell’UE/AELS, ovvero a circa 500 milioni di persone. Ne beneficiano anche i numerosi nuovi cittadini musulmani naturalizzati in Germania, Francia, Spagna e Portogallo. Nel 2024 la Germania ha naturalizzato quasi 300’000 persone, principalmente siriani, afghani e turchi.
  • L’immigrazione nello Stato sociale continua ad aumentare, a spese della popolazione svizzera (prestazioni complementari, assistenza sociale, soggiorni in istituti: arrivano anche i pensionati).
  • Il ricongiungimento familiare viene ulteriormente ampliato. Secondo il diritto svizzero (LStrI), possono ricongiungersi solo i coniugi e i figli fino a 18 anni (vale per i paesi terzi). Secondo il diritto dell’UE, possono ricongiungersi: il coniuge, i figli fino a 21 anni, i nipoti fino a 21 anni, i genitori, i nonni, altri partner, i suoceri e i suoceri acquisiti. Anche loro ottengono il diritto di soggiorno permanente dopo 5 anni. È sufficiente un soggiorno di 2,5 anni (max. 6 mesi per anno civile) entro 5 anni (il resto può essere trascorso all’estero).
  • Chi lavora, ad esempio, al 40%, guadagna 2’000 franchi e percepisce un’integrazione all’assistenza sociale soddisfa i requisiti di qualità di lavoratore. Anche se si dipende dall’assistenza sociale, è possibile far arrivare il coniuge e, ad esempio, cinque figli, pur sapendo che l’assistenza sociale aumenterà notevolmente. Gli uffici migrazione non hanno alcun potere.
  • Il nuovo ALC viola l’articolo 121a della Costituzione federale (iniziativa contro l’immigrazione di massa): è infatti riconosciuto che comporta un aumento dell’immigrazione e un miglioramento dello status giuridico degli immigrati già presenti nel Paese. In occasione della votazione sui nuovi accordi con l’UE, sarebbe quindi necessario modificare l’articolo 121a della Costituzione federale, il che richiederebbe imperativamente una maggioranza dei Cantoni.
  • La nuova clausola di salvaguardia dell’ALC è una misura simbolica: contiene esattamente gli stessi requisiti di prima. Secondo la logica dell’UE, si tratta di una clausola di emergenza, non di una clausola di salvaguardia. I suoi ostacoli sono quindi estremamente elevati: 1) gravi problemi economici o sociali, 2) la causa deve essere l’immigrazione dall’UE/AELS, 3) l’onere della prova spetta alla Svizzera, 4) il ricorso è complicato tramite il Comitato misto e il tribunale arbitrale. La storia della clausola di salvaguardia dell’AVR dimostra che essa non offre alcuna protezione contro l’immigrazione illimitata.
  • La clausola di salvaguardia autonoma del Consiglio federale nel diritto svizzero (LACI) costituisce un espediente ancora più evidente. Essa prevede solo un obbligo di consultazione e di esame da parte del Consiglio federale e, nell’ordinanza, dei valori soglia, ma non un obbligo di ricorso. Inoltre, la clausola di salvaguardia dell’ALC prevale sulla LStrI (come confermato dal Tribunale federale).
  • I cittadini dell’UE/AELS devono essere equiparati agli svizzeri per quanto riguarda le tasse universitarie. Ciò porterà a un ulteriore aumento dell’immigrazione per motivi di studio e a maggiori costi per la popolazione svizzera, sia attraverso tasse universitarie complessivamente più elevate sia attraverso contributi statali più elevati. Già oggi il 30% di tutti gli studenti in Svizzera sono cosiddetti «studenti stranieri».
  • Per l’ALC si applica il cosiddetto «metodo dell’integrazione». L’adozione del diritto non avviene in modo dinamico, ma automatico: il nuovo diritto dell’UE diventa immediatamente «parte dell’ordinamento giuridico svizzero» se i rappresentanti svizzeri in seno al Comitato misto non esercitano il diritto di veto. Non è prevista una trasposizione con la procedura legislativa ordinaria: il Parlamento e il popolo non hanno più voce in capitolo nel delicato settore dell’immigrazione.

1 Punto 13 Common Understanding, Libera circolazione delle persone

La Svizzera conosce diverse forme di sovvenzioni o aiuti statali. Ad esempio:

  • Promozione delle energie rinnovabili;
  • Garanzie statali, ad esempio presso le banche cantonali;
  • Agevolazioni fiscali per l’insediamento di aziende;
  • Sovvenzioni per il traffico regionale e di agglomerato;
  • Progetti pubblico-privati come parchi dell’innovazione, campi sportivi, piscine o la costruzione di impianti sportivi;
  • (Swiss Life Arena: prestito senza interessi della città di Zurigo alla ZSC, contributo annuale di esercizio, concessione del diritto di superficie);
  • Nuova politica regionale (NPR): la Confederazione e i Cantoni investono congiuntamente in progetti e imprese (promozione dell’innovazione, turismo, trasformazione digitale dell’economia);
  • Aiuti statali di emergenza per l’acciaieria di Gerlafingen attraverso la riduzione delle tariffe della rete elettrica.
1. Come vengono gestiti attualmente gli aiuti statali in Svizzera?

Finora la Svizzera non dispone di un’autorità nazionale di vigilanza in materia di aiuti statali.

La legge sulle sovvenzioni è poco regolamentata in Svizzera e contiene disposizioni relative alle forme giuridiche, alle modalità di concessione e alle norme procedurali, ma non alla questione della legittimità delle sovvenzioni. I Cantoni sono fondamentalmente sovrani in materia di sovvenzioni, purché non sussistano altri ostacoli giuridici.

Importante: in Svizzera, i processi decisionali alla base degli aiuti statali sono completamente diversi. Anche se sono coinvolte le autorità, nella Svizzera democratica diretta è il popolo sovrano a decidere o ad approvare le basi legali. Le sovvenzioni sono decisioni politiche e manifestazioni di volontà politica. Queste non avvengono solo a livello nazionale, ma possono anche essere prese dai parlamenti locali o cantonali o tramite referendum.

2. L’UE controlla e monitora sistematicamente

L’UE controlla sistematicamente gli aiuti statali, che devono essere notificati preventivamente alla Commissione europea e da essa approvati. Nell’UE esiste un quadro normativo con disposizioni dettagliate in materia di aiuti statali, al fine di garantire condizioni di concorrenza eque («level playing field»).

3. Quali settori sono interessati dalla nuova normativa?

Le norme dell’UE in materia di aiuti di Stato nel settore dei trasporti aerei e terrestri devono essere integrate nell’accordo, così come nell’accordo sull’energia elettrica, che riguarda in particolare le aziende elettriche, che sono in parte di proprietà dei Cantoni e dei Comuni.

4. Nuova superautorità COMCO (come braccio operativo dell’UE)

La legge sul controllo degli aiuti presentata dal Consiglio federale prevede che la competenza in materia di controllo degli aiuti statali sia attribuita a una nuova camera (Camera degli aiuti) della Commissione della concorrenza (COMCO).

I nuovi accordi prevedono che la COMCO e la Commissione europea concludano «accordi per uno scambio regolare di informazioni, anche in merito all’impatto dell’applicazione delle norme sugli aiuti esistenti».1 La legge sul controllo degli aiuti non specifica cosa esattamente la COMCO possa concordare con la Commissione né se possa trasmettere alla Commissione informazioni delicate dei Cantoni o bozze riservate di prese di posizione. Anche il rapporto esplicativo non si pronuncia in merito.2

È evidente che le autorità svizzere e la politica sono tenute lontane dall’autorità di vigilanza, mentre i rapporti con la Commissione europea sono strutturati in modo permeabile. Non sarebbe coerente con la logica del sistema a due pilastri che la COMCO diventasse un braccio operativo della Commissione europea.

5. I Cantoni perdono autonomia organizzativa e procedurale

La legge sul controllo degli aiuti prevede che la COMCO esamini innanzitutto gli aiuti statali e formuli un parere non vincolante. Durante l’indagine della COMCO, le autorità cantonali non hanno la qualità di parte e, in particolare, non hanno diritto di essere sentite. Se la COMCO formula una valutazione negativa e il concedente dell’aiuto non intende darvi seguito, è possibile presentare ricorso all’autorità di ricorso competente in base al diritto federale o cantonale. L’autorità di ricorso emette quindi una decisione giuridicamente vincolante.

Questo sistema garantisce solo formalmente l’autonomia organizzativa e procedurale dei Cantoni. In realtà, tale autonomia è soggetta a restrizioni che vanno oltre quanto è indispensabile per garantire un controllo corretto e uniforme degli aiuti statali.

  • Diritto di essere ascoltato a discrezione dell’autorità di vigilanza.
  • Accesso dei concorrenti alle osservazioni delle autorità cantonali.
  • Il Consiglio federale desidera inoltre che i concorrenti possano prendere visione delle osservazioni delle autorità cantonali e replicare alle stesse.3 Nell’UE ciò non sarebbe compatibile con la sovranità degli Stati membri e il segreto d’ufficio. La Commissione europea non può consentire ai concorrenti di accedere alle informazioni fornite dai concedenti degli aiuti.
6. Chi controlla l’autorità di controllo?

È già evidente quanto possano essere problematici e sproporzionati gli interventi della COMCO:

  • Sovvenzioni cantonali per l’organizzazione di campi sciistici per le scuole che impiegano maestri di sci in possesso di un determinato diploma;
  • La ripartizione dei fondi provenienti dai fondi di sostegno di Swisslos e della Loterie Romande da parte degli organi cantonali.

Ciò solleva una domanda semplice ma importante: chi controlla l’autorità di vigilanza? Chi la tiene a freno? È ancora possibile esercitare un controllo democratico sulla COMCO?


1 Art. 7 cpv. 1 lett. b del Protocollo sugli aiuti di Stato all’Accordo tra la Confederazione Svizzera e la Comunità Europea sul trasporto di merci e di persone per ferrovia e su strada;

Art. 17 cpv. 2 lett. b dell’Accordo tra la Confederazione Svizzera e l’Unione Europea sull’elettricità (Accordo sull’energia elettrica)

2 Cfr. Rapporto esplicativo, cifra 2.2.5.7, p. 115.

3 Rapporto esplicativo, cifra 2.2.7, articolo 21 – Diritti dei concorrenti, p. 150.

L’importanza di questo accordo è spesso sopravvalutata. Il Consiglio federale non fa eccezione nel suo rapporto sul pacchetto UE. Gli ultimi dati ufficiali risalgono al 2008, quando la SECO parlava di un risparmio di costi di omologazione in Svizzera compreso tra 250 e 500 milioni di franchi. Questa cifra corrispondeva allo 0,2-0,4% del valore delle esportazioni svizzere verso l’Europa. Diversi studi recenti confermano ordini di grandezza simili.

1. Utilità limitata dell’MRA

Tutti i prodotti tecnologici ai quali si applicano le direttive nell’ambito dell’MRA rientrano anche nel cosiddetto sistema CE dell’UE. Il marchio CE attesta che il produttore ha soddisfatto tutti i requisiti delle direttive UE applicabili al prodotto (in particolare in materia di sicurezza, tutela della salute e protezione dell’ambiente). Ciò consente al prodotto di circolare liberamente nello Spazio economico europeo. Ogni produttore, indipendentemente dal suo domicilio nel mondo, ha il diritto di accedere a questo standard con la dovuta diligenza e nel rispetto degli obblighi legali. Anche gli organismi ufficialmente accreditati che devono effettuare controlli su determinati prodotti possono farlo per i produttori al di fuori dell’area UE. L’accesso a questo standard, previsto dall’UE per rafforzare la concorrenza nel proprio mercato interno, non ha quindi nulla a che vedere con il pacchetto di accordi in esame.

2. Minimo miglioramento

Il pacchetto mira a introdurre un accesso preferenziale al mercato. Tuttavia, si tratta solo di un miglioramento minimo. L’UE richiede che i produttori che si avvalgono di questi standard e quindi del diritto di esportare nell’UE designino un rappresentante domiciliato nell’UE. L’UE vuole avere accesso alla giustizia qualora dovessero sorgere problemi di sicurezza, salute o ambiente. Solo per gli esportatori svizzeri l’UE ha finora rinunciato a questa richiesta grazie agli accordi bilaterali. Con il pacchetto in esame, la rinuncia diventerebbe un diritto. Si tratta tuttavia di un vantaggio molto limitato.

3. Anche la relazione di presentazione ammette l’utilità limitata

Secondo la relazione esplicativa (pag. 403), l’adozione dinamica del diritto ai sensi dell’articolo 5 non comporta modifiche sostanziali nella prassi, poiché la Svizzera adegua già oggi il proprio diritto a quello dell’UE. Secondo il metodo dell’equivalenza, che viene mantenuto per l’MRA, la Svizzera deve continuare ad adottare disposizioni nel proprio ordinamento giuridico per garantire una regolamentazione equivalente. Se l’UE adotta un nuovo atto giuridico in un settore disciplinato dall’MRA, le parti contraenti devono integrarlo «il più rapidamente possibile» nell’allegato 1 dell’accordo. L’integrazione degli atti giuridici avviene su decisione del Comitato misto.

4. I rischi sono sottovalutati

Il rapporto introduttivo ammette quindi che i vantaggi dell’adeguamento sono molto limitati. Tuttavia, i rischi sono fortemente sottovalutati: la grande differenza nella nuova procedura consiste nel fatto che la Svizzera deve adottare le norme dell’UE in modo dinamico e non può più seguire una propria strada senza rischiare misure compensative. Anche se la Svizzera recepisce gli atti giuridici nel proprio diritto, questi rimangono sostanzialmente diritto dell’UE.

Esiste il rischio di un’estensione indesiderata delle normative UE alla Svizzera, che quest’ultima è tenuta a recepire «in modo soddisfacente (art. 9 MRA)» nel proprio diritto. È possibile che l’UE adotti nuove normative in materia di tecnologie digitali (IA), biotecnologie o sostenibilità e le inserisca nei capitoli esistenti dell’MRA con un riferimento specifico. Ai sensi dell’articolo 10 dell’MRA, il Comitato misto può anche inserire nuovi capitoli nell’allegato 1 dell’accordo. L’affermazione secondo cui il campo di applicazione è fisso è quindi politicamente rassicurante, ma giuridicamente inesatta.

L’orientamento unilaterale alla legislazione dell’UE è evidente anche nel fatto che nella sezione I dei capitoli settoriali devono essere elencati solo gli atti giuridici dell’UE. I precedenti riferimenti alle disposizioni svizzere sono stati eliminati. In futuro sarà valido solo l’elenco degli atti giuridici dell’UE che la Svizzera deve recepire in modo dinamico. Le disposizioni svizzere non saranno più elencate parallelamente, ma solo menzionate come «adottate o mantenute a norma dell’articolo 5, paragrafo 2, del protocollo istituzionale».

5. Nessun obbligo di riconoscimento da parte dell’UE

Da maggio 2021, l’MRA nel settore dei dispositivi medici è di fatto bloccato, poiché l’UE ha rifiutato di aggiornarlo. Con il rifiuto di aggiornare l’MRA per i dispositivi medici, nonostante la Svizzera soddisfacesse le condizioni, l’UE ha violato lo scopo stesso dell’accordo. La motivazione addotta era la mancanza di un collegamento istituzionale della Svizzera al mercato interno dell’UE. Di conseguenza, le aziende svizzere del settore della tecnologia medica hanno dovuto far certificare i propri prodotti direttamente nell’UE.

Le nuove disposizioni istituzionali mirano a impedire o evitare che l’UE sospenda il riconoscimento di ulteriori capitoli dell’MRA per motivi politici. L’UE sarà ora «obbligata» ad aggiornare i capitoli relativi ai singoli settori di prodotti (cfr. relazione esplicativa, pag. 399). L’«obbligo» dell’UE è sancito dal protocollo istituzionale. Il protocollo istituzionale non contiene alcun «obbligo» vincolante di riconoscimento della valutazione della conformità. L’articolo 5, paragrafo 1, del protocollo istituzionale prevede solo che la Svizzera e l’UE «provvedano» affinché gli atti dell’Unione che rientrano nel campo di applicazione dell’accordo siano integrati nell’accordo il più rapidamente possibile dopo la loro adozione.

6. Misure compensative imminenti

L’integrazione dell’MRA nel sistema dell’accordo istituzionale implica che, in caso di conflitto – ad esempio in caso di mancata adozione da parte della Svizzera di nuove norme UE – l’UE potrà adottare misure compensative. Queste possono comprendere restrizioni dell’accesso al mercato o altri svantaggi economici. Ciò rappresenta un cambiamento di paradigma significativo: finora l’MRA si basava sulla fiducia reciproca e sui negoziati. Ora è affiancato da un regime formale di applicazione del diritto. Si tratta di un allontanamento dal precedente principio del consenso bilaterale, che non riduce, ma aumenta le possibilità di influenza politica.

Poiché l’MRA è un accordo relativo al mercato interno, queste misure compensative possono essere adottate nell’ambito dell’MRA o di qualsiasi altro accordo in un settore del mercato interno al quale la Svizzera partecipa (relazione esplicativa, pag. 403). Viceversa, le misure compensative possono anche riguardare l’MRA se il tribunale arbitrale constata una violazione da parte della Svizzera in un altro accordo.

Con l’accordo sull’energia elettrica, la Svizzera si impegna non solo ad adottare ampie disposizioni del mercato interno europeo dell’energia elettrica, ma anche a integrarsi istituzionalmente nella sua struttura di vigilanza.

Per la Commissione federale dell’energia elettrica (ElCom) ciò comporta un cambiamento fondamentale della sua funzione e del suo inserimento politico. L’ElCom diventa di fatto l’organo esecutivo operativo della normativa UE, senza che questa sia stata legittimata da un processo democratico svizzero.

In futuro, l’ElCom avrebbe il compito di attuare le disposizioni elaborate da istituzioni dell’UE quali l’ACER (Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia) o l’ENTSO-E (Network europeo dei gestori di sistemi di trasmissione di energia elettrica) e integrate nell’accordo dal Comitato misto. Ciò riguarda settori di regolamentazione fondamentali quali la gestione della rete, l’assegnazione delle capacità, la gestione delle congestioni, il ridispacciamento, gli obblighi di trasparenza e l’apertura del mercato.

Le normative UE sono concepite per un grande mercato interno e non tengono conto delle strutture specifiche del mercato energetico svizzero. Ciò può comportare distorsioni della concorrenza a svantaggio delle imprese svizzere. In particolare, le centrali idroelettriche, che costituiscono la spina dorsale dell’approvvigionamento energetico svizzero, risentiranno delle norme UE in materia di aiuti di Stato.

Particolarmente colpite sono le strutture federali del nostro sistema energetico. Le centrali elettriche comunali, che tradizionalmente godono di una priorità di immissione in rete e svolgono un ruolo importante nell’approvvigionamento energetico decentralizzato, sarebbero svantaggiate dalle norme dell’UE in materia di concorrenza.

Altrettanto problematiche sono le ripercussioni sul sistema dei canoni per l’uso dell’acqua e sul rinnovo delle concessioni per le centrali idroelettriche. Le norme dell’UE in materia di aiuti statali potrebbero classificare i canoni tradizionali per l’uso dell’acqua come aiuti statali, mettendo a rischio il collaudato sistema di remunerazione per l’utilizzo delle risorse idriche. La riassegnazione delle concessioni richiederebbe gare d’appalto a livello UE, il che comprometterebbe il controllo locale su queste risorse strategiche a vantaggio degli investitori stranieri.

Gli incentivi e le misure di sostegno finora disponibili potrebbero essere considerati distorsivi del mercato e quindi vietati. Ciò comporterebbe la perdita della posizione di mercato delle imprese energetiche svizzere, che verrebbero soppiantate dai concorrenti esteri.

Acquisizione dinamica del diritto
  • Procedura di integrazione:
    • Nessun diritto di partecipazione alle decisioni, nessuna possibilità di rifiutare nuove disposizioni, minaccia permanente di misure compensative (ovvero sanzioni).
    • Se il «Comitato misto» approva, il nuovo atto legislativo dell’UE è adottato.
    • L’interpretazione giuridica della Corte di giustizia dell’Unione europea potrebbe determinare la politica energetica della Svizzera, contrariamente ai nostri interessi.
  • L’apertura tecnologica non è più garantita;
  • L’adozione dinamica del diritto offre numerose possibilità (cfr. Schengen/Dublino, CEDU).
Aiuti statali
  • I canoni per l’utilizzo delle risorse idriche potrebbero subire pressioni, al più tardi in occasione delle nuove concessioni secondo le direttive UE.
  • I contributi agli investimenti e i premi di mercato variabili per le energie rinnovabili non saranno più possibili dopo 6 anni.
  • I contributi ai costi di esercizio per la biomassa e la geotermia, le indennità per le misure relative all’acqua residua e per il risanamento ecologico dell’energia idroelettrica non saranno più possibili dopo 10 anni.
  • Stesse regole per la promozione delle energie rinnovabili: la politica climatica e la politica in materia di CO2 saranno determinate in futuro dall’UE?
  • Il 48% dell’energia finale deve essere rinnovabile: oggi questo obiettivo è in linea con gli obiettivi della Svizzera, ma in futuro?
Regolamentazione / Controlli
  • Elcom diventa un esecutore passivo di nuove normative UE prive di legittimità democratica.
  • Sottomissione alle autorità UE ACER ed ENTSO-E, senza diritto di voto, ma con partecipazione ai costi.
  • Attuazione di normative nei seguenti ambiti: gestione della rete, gestione delle congestioni, ridispacciamento, obblighi di trasparenza, pianificazione delle capacità, sviluppo della rete e del mercato con relative ripercussioni sulle infrastrutture.
Sicurezza dell’approvvigionamento
  • Nessuno è più responsabile della sicurezza dell’approvvigionamento: il mercato? L’UE?
  • Non è più possibile costituire riserve idriche = minore sicurezza dell’approvvigionamento.
  • Viene meno la priorità di immissione in rete delle centrali elettriche comunali, con ripercussioni sui contratti di fornitura?
  • Limite di fornitura di base:
    • Attualmente a 100 MWh (possibile), nuovo limite a 50 MWh (obbligatorio): il limite è arbitrario e non concordato con l’UE, corrisponde solo al 52% del consumo svizzero.
  • Gli strumenti di capacità e di riserva saranno disponibili solo nel rispetto delle norme UE. Rinuncia alla sicurezza nazionale.
Mercato / Prezzi
  • Il mercato opera sempre in entrambe le direzioni: i prezzi dell’energia elettrica diventano più volatili.
  • Passare dal mercato libero all’approvvigionamento di base comporta dei costi per i consumatori di energia elettrica.
  • Il mercato libero non si fa carico dei costi per la sicurezza dell’approvvigionamento. Sono inevitabili nuovi prelievi statali, poiché quelli attuali non vengono utilizzati per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento.
  • Si prevede un ampio consolidamento dei gestori delle reti di distribuzione.
Reti
  • Le reti rimangono in regime di monopolio, ma dovrebbero essere nazionalizzate. Già oggi gli operatori di rete registrano ogni anno 650 milioni di franchi di utili nel mercato monopolistico a spese della collettività. Contrarietà al principio di copertura dei costi e di equivalenza.
  • I costi di utilizzo della rete sono già aumentati notevolmente a causa di una politica energetica inadeguata. A causa delle norme UE sempre più restrittive, è probabile che i costi di rete continuino ad aumentare.
  • La struttura proprietaria di Swissgrid diventerà ancora più problematica (rispetto a oggi).

Il concetto di «spazio comune di sicurezza alimentare» racchiude un progetto di integrazione globale che va ben oltre la cooperazione settoriale esistente tra la Svizzera e l’UE.

La denominazione «Protocollo all’accordo sulla sicurezza alimentare» è fuorviante e nasconde le reali intenzioni di questo trattato. La sicurezza alimentare in Svizzera è già oggi all’avanguardia a livello mondiale e non necessita di essere subordinata all’UE. Disponiamo di sistemi di controllo collaudati e coordinati a livello cantonale che garantiscono la protezione dei consumatori senza degenerare in un eccesso di regolamentazione.

L’accordo sulla sicurezza alimentare riguarda solo apparentemente la protezione dei consumatori. In realtà si tratta di uno strumento normativo di ampia portata dell’UE. Alla base vi è la strategia UE «Dal campo alla tavola» (Farm to Fork), che comprende sia il settore della sicurezza alimentare che quello della protezione dell’ambiente e della salute. Non è possibile né auspicabile una chiara delimitazione di questi settori. La strategia «Dall’agricoltura al consumatore» comprende misure lungo l’intera filiera alimentare, dalla produzione al consumo, e include anche obiettivi specifici «per promuovere un’alimentazione sostenibile». In questo modo si intende anche controllare i consumatori e indirizzarli verso un’alimentazione povera di carne o di zuccheri, il che alla fine si ripercuote anche sui produttori alimentari.

1. Ambito di applicazione

La filiera alimentare comprende:1

  • tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione di alimenti, mangimi e sottoprodotti di origine animale;
  • salute e benessere degli animali;
  • salute delle piante e prodotti fitosanitari;
  • materiale di moltiplicazione vegetale;
  • resistenza antimicrobica;
  • allevamento degli animali;
  • contaminanti e residui;
  • materiali e oggetti a contatto con gli alimenti;
  • etichettatura;
  • e inoltre i controlli ufficiali in questi settori.
2. Elusione delle nostre procedure di partecipazione

Con l’adozione dinamica (cioè automatica) del diritto, viene vanificata la nostra procedura di partecipazione dei Cantoni, delle associazioni e, in ultima istanza, delle decisioni del popolo, dei Cantoni e dei parlamenti. Con l’adozione diretta del diritto dell’UE (metodo integrativo) viene inoltre reso praticamente impossibile il referendum.

3. Misure di compensazione

Una violazione del protocollo sulla sicurezza alimentare può comportare misure compensative. In questo caso si applica la seguente particolarità: le misure compensative possono riguardare non solo il protocollo sulla sicurezza alimentare o altri accordi sul mercato interno, ma anche l’accordo agricolo vigente.

4. È presente una clausola di ghigliottina

Il protocollo sulla sicurezza alimentare è collegato all’accordo esistente sul commercio dei prodotti agricoli (accordo agricolo). Ciò significa che la clausola «ghigliottina» prevista nell’accordo agricolo si applica anche al protocollo sulla sicurezza alimentare.2 La denuncia del protocollo può quindi comportare la cessazione dell’accordo sull’agricoltura, dell’accordo sulla libera circolazione delle persone, dell’accordo sul trasporto aereo, dell’accordo sui trasporti terrestri, dell’accordo MRA, dell’accordo sugli appalti pubblici e dell’accordo sulla cooperazione scientifica e tecnologica.

5. Ulteriore verifica autonoma da parte del Consiglio federale

Nel progetto preliminare di revisione totale della legge federale sulle derrate alimentari e gli oggetti d’uso (legge sulle derrate alimentari), il Consiglio federale propone di delegare che ampie competenze per il recepimento autonomo vengano delegate a lui.3 In futuro vuole poter decidere che il diritto dell’UE disciplini anche il commercio di prodotti alimentari e beni di consumo che non rientrano nel protocollo sulla sicurezza alimentare.

Tra i prodotti alimentari e gli articoli di uso quotidiano per i quali il Consiglio federale intende decidere autonomamente in merito all’attuazione figurano:4

  • Acqua potabile
  • caffè
  • cioccolato
  • prodotti cosmetici

Il rapporto esplicativo non menziona quali altri alimenti e oggetti di uso comune potrebbero essere interessati.

6. Nuovi ispettori dell’UE in Svizzera

A pagina 709 del rapporto esplicativo si legge: «È inoltre necessario creare un quadro uniforme per i controlli ufficiali al fine di garantire un monitoraggio e un’applicazione efficace delle norme in materia di sicurezza alimentare, salute e benessere degli animali, protezione delle piante». Con il protocollo sulla sicurezza alimentare, le competenze di controllo vengono notevolmente ampliate. Gli ispettori dell’UE avranno quindi accesso e poteri di controllo in stalle, caseifici, mense, ristoranti, serre, macellerie, panetterie, ecc.

7. Perdita di qualità

La Svizzera è obbligata a «introdurre in modo integrato norme armonizzate per l’intera filiera alimentare», come formulato nell’articolo 5 capoverso 2 lettera c. In pratica ciò comporta un allineamento verso il basso, poiché la legislazione europea prevede standard meno rigorosi rispetto alla Svizzera in settori fondamentali. Il marchio «Made in Switzerland», che rappresentava una garanzia di qualità e un importante elemento di differenziazione, perde così il suo significato.

8. Problematiche relative all’ingegneria genetica

Sebbene la popolazione svizzera si sia espressa chiaramente contro gli OGM in diverse votazioni e sia in vigore una moratoria sullo stesso tema, il protocollo rischia di indebolire sistematicamente questa decisione democraticamente legittima. (…)

9. Mercati contadini e vendita diretta

Questo protocollo non prevede eccezioni per i piccoli produttori locali. (…) Un venditore diretto che commercializza i propri salumi nel mercato del paese dovrà in futuro tenere registri dettagliati su ogni fase della produzione, far eseguire regolarmente analisi di laboratorio e seguire corsi di formazione approfonditi in materia di igiene.

10. Burocrazia eccessiva per associazioni, feste di lotta svizzera, eventi scolastici

La situazione diventa particolarmente complessa in occasione delle tradizionali manifestazioni paesane. (…) La vivace cultura dei mercati e delle feste locali, che costituisce una parte importante dell’identità svizzera, viene sacrificata davanti alla regolamentazione dell’UE.

11. Controlli supplementari e costi aggiuntivi per la ristorazione, il settore alberghiero, comprese le mense aziendali

La gastronomia svizzera, dalle trattorie di paese alle mense aziendali (…) Un piatto di maccheroni dell’alpigiano deve soddisfare gli stessi requisiti burocratici di un prodotto industriale preconfezionato.

12. Qualità dell’acqua potabile secondo la normativa UE

A pagina 741 della relazione esplicativa si legge che «la normativa UE in materia di igiene contenuta nell’allegato I del protocollo richiede che l’acqua che entra in contatto con gli alimenti sia di qualità potabile secondo la normativa UE698. (…)

13. Costi elevati e ampliamento degli obblighi di dichiarazione

Esempio di dichiarazione per il vino:
A partire dal 1° gennaio 2024, ogni bottiglia di vino proveniente dall’Unione Europea dovrà riportare la tabella dei valori nutrizionali (…)

Esempio di dichiarazione per il formaggio:
Poiché il formaggio è un prodotto naturale, attualmente in Svizzera non è necessario riportare una tabella nutrizionale. (…) La questione è disciplinata dalla nuova Common Food Safety Area.


1 Rapporto esplicativo, cifra 2.12.6, p. 698.

2 Art. 34 cpv. 4 del Protocollo sulla sicurezza alimentare in collegamento con l’art. 17 cpv. 4 dell’Accordo sull’agricoltura.

3 Art. 57 cpv. 3 del disegno preliminare (DP) per una revisione totale della legge sugli alimenti; Rapporto esplicativo, cifra 2.12.9.5, p. 762.

1. Servizio pubblico a rischio?

La Svizzera dispone di una rete di trasporti pubblici ben sviluppata, in particolare nelle città e negli agglomerati urbani. Questa rete di trasporti funziona solo grazie a sovvenzioni. Nel settore dei trasporti terrestri può sorgere la questione se sussista un aiuto statale quando, ad esempio, le autorità pubbliche finanziano in modo continuativo il trasferimento del traffico merci dalla strada alla rotaia o cofinanziano il rinnovo del materiale rotabile per il trasporto merci. Anche se in questi casi un sostegno statale non è escluso in linea di principio, il diritto in materia di aiuti di Stato può rendere necessari adeguamenti, ad esempio imponendo requisiti più severi per la dimostrazione della necessità di un finanziamento statale o limitando l’importo o la durata del finanziamento.

Analogamente al trasporto aereo, anche il sostegno statale alle infrastrutture può, in determinate circostanze, contenere elementi di aiuti statali se conferisce un vantaggio selettivo a determinate imprese o settori economici.

Ad esempio, occorrerebbe verificare se i contributi statali attualmente concessi dalla Confederazione e dal Canton Basilea Città per la realizzazione del nuovo terminal di trasbordo a Basilea («Gateway Basel Nord») costituiscano aiuti statali. La COMCO ha valutato questo progetto dal punto di vista del diritto della concorrenza. In futuro potrebbe anche verificare se sussistono aiuti statali e, in caso affermativo, se questi sono ammissibili.

2. Trasporto ferroviario transfrontaliero di passeggeri

Il protocollo di modifica dell’accordo sui trasporti terrestri comporta un’apertura del mercato nel settore del trasporto ferroviario transfrontaliero di passeggeri. Il nuovo articolo 24 capoverso 1 dell’accordo sui trasporti terrestri prevede che le imprese ferroviarie e i raggruppamenti internazionali stabiliti nel territorio di una parte contraente beneficino, per la prestazione di servizi di trasporto transfrontaliero, «dei diritti di transito e di accesso all’infrastruttura ferroviaria nel territorio dell’altra parte contraente» alle condizioni previste dal diritto dell’UE.

L’articolo 24, paragrafo 1a, stabilisce inoltre che le imprese ferroviarie hanno il diritto di «imbarcare passeggeri in qualsiasi stazione della linea transfrontaliera e di sbarcarli in un’altra stazione, anche se queste sono situate nel territorio della stessa parte contraente, purché lo scopo principale del servizio sia il trasporto di passeggeri dal territorio di una parte contraente al territorio dell’altra parte contraente». Per consentire questa apertura del mercato, le capacità residue sulla rete ferroviaria che – dopo l’espletamento della procedura annuale di ordinazione degli orari e delle tracce – sono libere o rimaste libere devono essere assegnate in via prioritaria al trasporto ferroviario transfrontaliero di passeggeri. Si deve trattare di offerte supplementari rispetto all’orario cadenzato. Questo meccanismo è descritto in modo apparentemente comprensibile nella relazione esplicativa. A un esame più attento, tuttavia, emergono alcune incongruenze.

La relazione esplicativa attribuisce grande importanza a una dichiarazione comune allegata al protocollo di modifica dell’accordo sui trasporti terrestri. Essa recita tra l’altro: «Le parti contraenti prendono atto che, conformemente alla direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, relativa alla creazione di uno spazio ferroviario europeo unico, la gestione del traffico continua a rientrare nella competenza dei gestori dell’infrastruttura nazionali.»

Il Consiglio federale conclude da questa dichiarazione che «i processi operativi sono e rimarranno di competenza dei gestori dell’infrastruttura». E aggiunge: «In caso di ritardi dei treni diretti in Svizzera, spetta al gestore dell’infrastruttura decidere se è possibile mettere a disposizione un percorso alternativo con breve preavviso o se il treno deve essere deviato alla frontiera. Questa competenza consente di garantire l’elevata qualità della rete svizzera e di evitare che i ritardi vengano importati. L’orario nazionale cadenzato non subisce quindi alcuna limitazione. La prassi finora seguita in caso di ritardi dei treni può quindi essere mantenuta».

In questo caso, il Consiglio federale agisce come se l’UE volesse impegnarsi a lungo termine. Ciò non corrisponde alla realtà. La dichiarazione comune riflette semplicemente lo stato attuale del diritto dell’UE. Non si afferma in alcun modo che il gestore dell’infrastruttura svizzero possa sempre dare maggiore peso alla qualità della rete ferroviaria svizzera rispetto agli interessi delle imprese ferroviarie straniere.

Qualora il diritto dell’UE dovesse evolversi ulteriormente in questo settore, la Svizzera difficilmente potrebbe opporsi a tale sviluppo. Il protocollo di modifica dell’accordo sui trasporti terrestri non prevede infatti alcuna deroga all’obbligo di recepimento dinamico che potrebbe essere pertinente.

Che questo scenario non sia irrealistico risulta dai seguenti elementi. Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’UE stanno attualmente discutendo una proposta di regolamento sull’uso delle capacità ferroviarie nell’area ferroviaria europea unificata. Questo regolamento comporta anche una revisione parziale della direttiva 2012/34/UE relativa alla creazione di un sistema ferroviario europeo unificato. Tale direttiva figura nel protocollo di modifica dell’accordo sui trasporti terrestri come parte del diritto dell’UE che la Svizzera è tenuta a recepire.

Il regolamento non mette fondamentalmente in discussione la competenza nazionale in materia di gestione del traffico. Tuttavia, prevede la creazione di una nuova «Rete europea dei gestori dell’infrastruttura ferroviaria (ENIM)». Tale rete avrà il compito, tra l’altro, di stabilire norme quadro europee per la gestione della capacità e il coordinamento della gestione transfrontaliera del traffico, delle perturbazioni e delle crisi. Il regolamento prevede inoltre l’istituzione di un «coordinatore della rete».

È deplorevole che la relazione esplicativa non faccia riferimento a questi sviluppi e che il Consiglio federale non si esprima in merito alla necessità per la Svizzera di recepire questo regolamento.

Caso di studio: FLIXTRAIN

Con la nuova versione dell’accordo sui trasporti terrestri tra la Svizzera e l’UE, il cabotaggio viene abolito. Ciò significa che le imprese ferroviarie straniere come FLIXTRAIN possono trasportare passeggeri all’interno della Svizzera senza bisogno di un partner nazionale o di servire esclusivamente collegamenti internazionali. Le imprese ferroviarie dell’UE possono operare commercialmente su tratte in territorio svizzero, anche se il punto di partenza e di arrivo si trovano all’interno della Svizzera o se una fermata è utilizzata come destinazione.

Negli ultimi mesi, FLIXTRAIN ha investito miliardi in treni propri, acquistati da Siemens. Se FLIXTRAIN si candiderà per la tratta Monaco-Berna e RailCom, in qualità di autorità di regolamentazione, non solleverà obiezioni, in futuro locomotive verde brillante con personale tedesco potrebbero attraversare la Svizzera. Nel redditizio settore del trasporto a lunga percorrenza (2024: utile di 148 milioni = 54% dell’utile consolidato) si registrerebbero tagli dolorosi.

Gli operatori internazionali come Flixtrain o Westbahn sono generalmente interessati solo alle linee redditizie con un elevato volume di passeggeri e infrastrutture esistenti, come ad esempio le tratte Zurigo-Ginevra, Basilea-Lucerna o Zurigo-Lugano. Le linee secondarie non redditizie, le regioni montane o le fasce orarie con scarsa domanda sono invece evitate da questi operatori. Il risultato è una selezione selettiva, in cui vengono servite solo le linee redditizie, mentre il costoso mantenimento del servizio nazionale di base rimane a carico degli operatori sostenuti dallo Stato, come le FFS.

In primo luogo, si nota che nel settore sanitario diverse competenze dovrebbero essere trasferite a istituzioni al di fuori della Svizzera che non dispongono di alcuna legittimità politico-democratica in Svizzera. L’accordo sulla sanità fa riferimento in diversi punti alle cosiddette «agenzie». Nello specifico, si tratta delle seguenti 1:

  • Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC)
  • Sistema di allarme rapido e di reazione (EWRS)

Il testo del trattato implica che la Svizzera debba sottostare solo a queste due agenzie. Tuttavia, a pagina 2 del regolamento UE 2022/2371 (che dovrebbe essere recepito dalla Svizzera come diritto nazionale) si fa riferimento, oltre all’ECDC, anche all’HERA, all’EMA e ad altre agenzie competenti. Se il regolamento dovesse essere recepito, anche le agenzie a cui il regolamento fa riferimento diventerebbero obbligatorie. Significativo ampliamento delle competenze a causa della crisi del coronavirus L’ECDC è stato fondato nel 2004. Tuttavia, nel contesto della crisi causata dal coronavirus, le sue competenze sono state notevolmente ampliate nel 2022 2. Il regolamento di estensione 2022/2370 contiene numerose norme di autorizzazione: ad esempio, a un «gruppo di intervento sanitario dell’UE» non meglio definito dovrebbero essere conferiti «poteri di esecuzione» non meglio definiti 3. Sebbene al punto 29 del regolamento 2022/2370 sia specificato che all’ECDC non dovrebbero essere conferiti poteri normativi, a pagina 8 del regolamento è stabilito che l’ECDC può, di propria iniziativa o su richiesta della Commissione, elaborare linee guida o formulare raccomandazioni. Non è chiaro se tali linee guida e raccomandazioni esistano già e, in caso affermativo, quali siano e se la Svizzera debba sottostarvi. Anche su questo punto il progetto è poco chiaro e incompleto. Importante: la Svizzera ha gestito la crisi del coronavirus in modo molto più pragmatico ed efficace rispetto alla maggior parte degli Stati membri dell’UE. Questo margine di manovra è ora a rischio. L’accordo sanitario mira a una politica uniforme di misure da adottare in situazioni di crisi, diretta dall’UE. I punti principali

  • L’applicazione analoga delle disposizioni istituzionali lascia troppo margine a scapito della sicurezza giuridica.
  • Interferenza esterna in caso di futura proclamazione di una situazione di emergenza.
  • Competenze discutibili del Sistema europeo di allerta rapida e risposta (EWRS).
  • EU4Health: un ulteriore programma dell’UE per regolamentare e tutelare in nome della protezione della salute.
  • Privilegi per agenzie e dipendenti: esenzione fiscale, immunità, esenzione da restrizioni sull’immigrazione, doganali e sui cambi e altri benefici.
  • Impegni finanziari: contributo operativo (PIL CH/PIL UE) + quota di partecipazione (= 4% del contributo operativo) più spese proprie = totale > 25 milioni CHF/anno, «nessun potenziale di risparmio»!
  • «Tetto massimo di spesa Svizzera»: 50 milioni CHF/anno.
  • Spese per il personale in Svizzera: 11,8 unità di lavoro a tempo pieno (FTE).


1 Cfr. allegato II, art. 1.

2 Cfr. Regolamento (UE) 2022/2370 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 novembre 2022 che modifica il Regolamento (CE) n. 851/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004 istituito per creare il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie.

3 Cfr. cifra 32 del Regolamento 2022/2370.

Dieser Abschnitt: In primo luogo, si nota che nel settore sanitario diverse competenze dovrebbero essere trasferite a istituzioni al di fuori della Svizzera che non dispongono di alcuna legittimità politico-democratica in Svizzera. L’accordo sulla sanità fa riferimento in diversi punti alle cosiddette «agenzie». Nello specifico, si tratta delle seguenti

Il pacchetto di accordi dell’UE è un accordo istituzionale che riguarda direttamente e indirettamente l’assetto federalista della Svizzera e quindi i Cantoni. Data l’eccezionale importanza politica di questo trattato di 2’228 pagine, è necessario un referendum obbligatorio con la maggioranza dei Cantoni.

1. Situazione di partenza

Nell’ambito dei lavori in corso sul pacchetto Svizzera-UE, il 30 aprile 2025 il Consiglio federale ha deciso di sottoporre i trattati internazionali con l’Unione europea al referendum facoltativo. Ciò significa che solo se un comitato raccoglie 50’000 firme valide entro 100 giorni dalla pubblicazione di una nuova legge, si terrà una votazione. In questo modo il Consiglio federale intende dare un segnale a favore dell’Europa.1 Allo stesso tempo, il Consiglio federale aggira il referendum obbligatorio sui trattati internazionali, per il quale sarebbe necessaria una doppia maggioranza. Ciò significa che sia la maggioranza del popolo che la maggioranza dei Cantoni dovrebbero approvare la decisione. La votazione si svolgerebbe senza previa raccolta di firme.2

Per i seguenti motivi, i trattati dovrebbero essere sottoposti a referendum obbligatorio:

  • Un referendum obbligatorio dovrebbe essere indetto quando, specificatamente, si parla di un trattato internazionale di importanza straordinaria (il cosiddetto referendum obbligatorio sui trattati internazionali «sui generis»). Questo è il caso.3

L’accettazione di un «accordo quadro» comporterebbe gravi limitazioni alla ripartizione delle competenze della Confederazione nel campo di applicazione degli accordi, poiché il Parlamento vedrebbe notevolmente limitata la propria competenza legislativa costituzionale dalla minaccia di misure di compensazione non prevedibili in caso di rifiuto dell’adozione, con una conseguente limitazione anche del diritto di voto dei singoli parlamentari. Lo stesso vale, per analogia, per i Cantoni. È particolarmente importante sottolineare che anche gli aventi diritto di voto sarebbero limitati nell’esercizio del loro diritto di voto in caso di votazioni con referendum. Anche loro sarebbero minacciati da misure compensative non prevedibili nel contenuto se rifiutassero l’adozione del diritto. A titolo di confronto, si immagini che una legge federale o cantonale contenga una disposizione secondo cui il Parlamento potrebbe adottare misure compensative in caso di esito positivo di un referendum. Ciò violerebbe il contenuto essenziale della libertà di voto (art. 34 cpv. 2 Cost.).4

  • L’integrazione dell’accordo sulla libera circolazione introduce inoltre il riconoscimento dei diritti ai sensi della direttiva sui cittadini dell’Unione (ad esempio il diritto di soggiorno permanente) che vanno oltre quelli previsti dal precedente accordo sulla libera circolazione. L’adozione mediante trattato internazionale viola quindi l’articolo 121a capoverso 4 della Costituzione federale, poiché sotto il titolo «Controllo dell’immigrazione» non possono essere conclusi trattati internazionali che violano tale articolo. Sarebbe stato corretto includere le modifiche costituzionali che servono all’attuazione dell’accordo quadro nella decisione di approvazione mediante referendum obbligatorio, come previsto dall’articolo 141a capoverso 1 della Costituzione federale (attuazione di trattati internazionali).

 

2. Referendum obbligatorio «sui generis» necessario

2.1. La prassi seguita finora

L’articolo 140 della Costituzione federale stabilisce che le modifiche della Costituzione e l’adesione a organizzazioni di sicurezza collettiva o a comunità sovranazionali sono sottoposte a votazione popolare e cantonale. Nel suo messaggio del 1996 concernente la revisione totale della Costituzione federale del 1999, il Consiglio federale si è espresso come segue in merito al referendum obbligatorio nel commento al progetto di Costituzione: «Inoltre, secondo la lettera b, l’adesione a un’organizzazione di sicurezza collettiva (ad es. l’ONU) o a comunità sovranazionali (ad es. l’UE) è soggetta al referendum obbligatorio di popoli e Cantoni. Questa disposizione è conforme all’articolo 89 capoverso 5 Cost. Secondo la prassi attuale, essa non esclude che in singoli casi anche altri trattati internazionali di importanza straordinaria siano sottoposti al referendum obbligatorio (del popolo e dei Cantoni) [in una nota a piè di pagina si aggiunge: ad es. l’adesione al SEE] .»5

Art. 140 Costituzione federale – Referendum obbligatorio6

Cpv. 1 Sottostanno al voto del Popolo e dei Cantoni:

a. le modifiche della Costituzione;

b. l’adesione a organizzazioni di sicurezza collettiva o a comunità sopranazionali;

c. le leggi federali dichiarate urgenti, prive di base costituzionale e con durata di validità superiore a un anno; tali leggi devono essere sottoposte a votazione entro un anno dalla loro adozione da parte dell’Assemblea federale.

Con questa prassi finora seguita si intende il cosiddetto referendum «sui generis» (anche «referendum straordinario»). Finora è stato applicato ad hoc tre volte: nel 1920 per la Società delle Nazioni, nel 1972 per l’accordo di libero scambio con la CEE e nel 1992 per lo SEE. In occasione di queste votazioni, il referendum obbligatorio non è stato messo in discussione né contestato da nessuno.7 Concretamente: «Come sapete, oggi l’Assemblea federale applica la pratica del cosiddetto referendum sui generis. In passato, tale pratica è stata utilizzata in determinati casi, in particolare quando a un trattato internazionale è stata attribuita una portata politica eccezionale». Nella pratica politica, il principio del referendum obbligatorio si applica quindi già oggi ai trattati internazionali di carattere costituzionale. Secondo l’opinione prevalente, il referendum obbligatorio fa parte del diritto costituzionale «non scritto».8

È quindi evidente che per l’accordo quadro è opportuno indire un referendum obbligatorio sui generis, nella misura in cui il trattato riveste un’importanza eccezionale per l’ordinamento statale svizzero o un’importanza eccezionale dal punto di vista del diritto pubblico.

 

2.2. L’adozione dinamica del diritto e le sue profonde ripercussioni sull’ordinamento giuridico svizzero

Sebbene le nuove disposizioni del diritto dell’UE non sarebbero applicabili automaticamente in Svizzera, ma in modo «dinamico», si tratterebbe di fatto di una modalità di recepimento («metodo di integrazione»). Il Consiglio federale e il Parlamento possono rifiutare l’adozione, ma in caso di rifiuto rischiano di dover adottare misure compensative considerevoli. Ciò limita la competenza legislativa del Parlamento (art. 164 Cost.) e viola il principio di legalità (art. 5 cpv. 1 Cost.), poiché le competenze sono soggette a sanzioni. Anche i Cantoni sono interessati, poiché le misure compensative limiterebbero le loro competenze legislative (art. 3 Cost.) in settori quali le sovvenzioni/gli aiuti statali, l’energia e i trasporti, nonché la loro partecipazione al processo decisionale della Confederazione (art. 45 cpv. 1 Cost.). Inoltre, la libera formazione della volontà dei cittadini (art. 34 cpv. 2 Cost.) è notevolmente compromessa dalla pressione esercitata dalle potenziali misure compensative dell’UE, poiché l’elettorato è sempre consapevole che con la sua decisione contro l’adozione del diritto dell’UE potrebbe innescare sanzioni elevate. Ciò compromette la libera decisione e viola il nucleo della libertà di voto.

Queste restrizioni di vasta portata sono di importanza eccezionale e paragonabili a una modifica sostanziale della Costituzione. Esse compromettono in modo significativo le competenze della Confederazione e dei Cantoni, nonché il diritto di voto dei cittadini e delle cittadine. Dal punto di vista giuridico, è quindi necessario un referendum obbligatorio sui trattati internazionali, con doppia maggioranza del popolo e dei Cantoni.


2.3. Il parere dell’Ufficio federale di giustizia è contro il referendum obbligatorio

Nella perizia, determinante per il processo decisionale del Consiglio federale, si afferma che «la Svizzera, con i negoziati sul pacchetto di accordi con l’UE, non mira ad aderire all’Unione sovranazionale. È inoltre altamente improbabile che il risultato dei negoziati porti a un’associazione così stretta tra la Svizzera e l’UE da poter essere giuridicamente equiparata a un’adesione. Pertanto, il pacchetto di accordi non sarà con ogni probabilità soggetto al referendum obbligatorio sui trattati internazionali ai sensi dell’articolo 140 capoverso 1 lettera b della Costituzione federale.»9

Si precisa inoltre che «la base giuridica e il campo di applicazione del referendum sui trattati internazionali sui generis […] devono quindi derivare dalla Costituzione federale. L’interpretazione dell’articolo 140 capoverso 1 della Costituzione federale nel contesto dell’insieme della Costituzione mostra tuttavia che vi è poco margine in tal senso. Il testo dell’articolo 140 capoverso 1 della Costituzione federale non solo è formulato in modo definitivo dal punto di vista linguistico, ma deve anche esserlo secondo la volontà del legislatore costituzionale».


2.4. Gravi carenze nella perizia

In primo luogo, non era «volontà del legislatore costituzionale» abbandonare la prassi «sui generis» finora seguita. Ad esempio, nel quadro della discussione sulla mozione Caroni 15.3557 «Referendum obbligatorio per i trattati internazionali di carattere costituzionale», la maggioranza dei voti in Parlamento si è espressa chiaramente a favore del mantenimento della prassi. Non è ammissibile dedurre dall’«irricevibilità» del progetto del Consiglio federale (20.016) una soppressione della prassi.10

In secondo luogo, la tesi dell’Ufficio federale di giustizia secondo cui la «prassi sui generis» non avrebbe una base giuridica ai sensi dell’articolo 5 della Costituzione federale (principio di legalità) non è corretta. Il diritto consuetudinario «praeter constitutionem» costituisce di per sé la base giuridica. Tale diritto può essere creato in casi particolari, in particolare quando non è possibile stabilire una norma generale o quando questa non è in grado di ottenere la maggioranza. Si tratta di un tipo di evoluzione del diritto che viene applicato anche dal Parlamento. Si pensi ad esempio alla creazione di leggi su casi specifici, nonostante gli atti legislativi richiedano una regolamentazione generale e astratta. Inoltre, sulla base della competenza in materia di diritto civile, sono state adottate norme federali il cui carattere civile è stato contestato e la competenza normativa dei Cantoni è stata difesa. Per quanto riguarda il Consiglio federale, esso ha esteso in particolare la clausola generale di polizia di cui all’articolo 185 capoverso 3 della Costituzione federale al fine di salvare l’UBS e per far fronte ai bisogni derivanti dalla pandemia di coronavirus, in modo che oltre alle misure di polizia possano essere fornite anche prestazioni finanziarie. Il Parlamento avrebbe potuto procedere in modo analogo sulla base dell’articolo 173 capoverso 1 lettere b e c della Costituzione federale. Peraltro, la Costituzione federale non prevede espressamente che il Tribunale federale possa sviluppare ulteriormente le posizioni giuridiche nella sua giurisprudenza, come è avvenuto in larga misura sotto la Costituzione federale del 1874 e come avviene ancora sotto la nuova Costituzione federale.

La «prassi sui generis» relativa alla doppia maggioranza non è «contra constitutionem», ma «praeter constitutionem». Ciò significa che non abroga alcuna disposizione costituzionale, ma integra in casi particolari l’articolo 140 della Costituzione federale, così come la «prassi di diritto d’emergenza» del Consiglio federale relativa all’articolo 185 capoverso 3 della Costituzione federale (ordinanze a tempo determinato sotto il titolo «sicurezza esterna e interna»). È interessante notare che si è addirittura affermata l’opinione secondo cui il Consiglio federale possa, se necessario, modificare le leggi, ovvero agire «contra legem», e non solo integrarle. A tal proposito, secondo l’Ufficio federale di giustizia, non vi è certamente alcun fondamento nell’articolo 5 della Costituzione federale (principio di legalità).

Di conseguenza, l’accordo è soggetto a un referendum obbligatorio «sui generis».

 

3. È necessario un adeguamento della Costituzione federale

3.1. Situazione di partenza già insoddisfacente

Con l’approvazione dell’iniziativa popolare «Contro l’immigrazione di massa» nella votazione del 09 febbraio 2014, l’articolo 121a (Controllo dell’immigrazione) è stato inserito nella Costituzione federale. In base a questa disposizione, la Svizzera controlla in modo autonomo l’immigrazione di cittadini stranieri (cpv. 1). A tal fine devono essere previsti in particolare numeri massimi e contingenti (cpv. 2 e 3). La disposizione vieta inoltre la conclusione di trattati internazionali che violino le prescrizioni materiali in essa contenute (cpv. 1-3). Infine, il nuovo articolo costituzionale rimanda alla legislazione il regolamento dei dettagli (cpv. 5). Ai sensi dell’articolo 121a capoverso 1 della Costituzione federale, la regolazione dell’immigrazione è autonoma se avviene in modo indipendente, ossia senza la partecipazione di altri Stati, comunità sovranazionali o organizzazioni internazionali.11 Per il controllo devono essere utilizzati strumenti quali numeri massimi e contingenti12. Con queste disposizioni, l’articolo 121a della Costituzione federale mira a ripristinare la situazione giuridica vigente prima del 1° giugno 2002 (entrata in vigore dell’accordo sulla libera circolazione delle persone).

Con l’entrata in vigore dell’accordo sulla libera circolazione delle persone, la Svizzera ha perso la possibilità di gestire autonomamente l’immigrazione nei confronti degli Stati membri dell’UE. In particolare, i numeri massimi e i contingenti sono incompatibili con l’accordo sulla libera circolazione delle persone. Esiste quindi un conflitto tra l’accordo sulla libera circolazione delle persone e l’articolo 121a della Costituzione federale.13

Art. 121a Costituzione federale – Regolazione dell’immigrazione

Cpv. 1 La Svizzera gestisce autonomamente l’immigrazione degli stranieri.

Cpv. 2 Il numero di permessi di dimora per stranieri in Svizzera è limitato da tetti massimi annuali e contingenti annuali. I tetti massimi valgono per tutti i permessi rilasciati in virtù del diritto degli stranieri, settore dell’asilo incluso. Il diritto al soggiorno duraturo, al ricongiungimento familiare e alle prestazioni sociali può essere limitato.

Cpv. 3 I tetti massimi annuali e i contingenti annuali per gli stranieri che esercitano un’attività lucrativa devono essere stabiliti in funzione degli interessi globali dell’economia svizzera e nel rispetto del principio di preferenza agli Svizzeri; essi devono comprendere anche i frontalieri. Criteri determinanti per il rilascio del permesso di dimora sono in particolare la domanda di un datore di lavoro, la capacità d’integrazione e una base esistenziale sufficiente e autonoma.

Cpv. 4 Non possono essere conclusi trattati internazionali che contraddicono al presente articolo.

Cpv. 5 La legge disciplina i particolari.


3.2. L’adozione della direttiva sui cittadini dell’Unione europea è ancora più incisiva dell’accordo sulla libera circolazione delle persone

Nel diritto dell’Unione Europea, la libera circolazione è una delle libertà fondamentali ed è quindi sancita dal cosiddetto diritto primario14. Essa conferisce ai cittadini degli Stati membri dell’UE (cittadini dell’Unione) il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, salvo restrizioni e condizioni previste dalla normativa dell’UE. La Svizzera non ha ancora recepito la direttiva sui cittadini dell’Unione nell’ambito dell’accordo sulla libera circolazione delle persone. Quest’ultima garantisce la libera circolazione in misura maggiore rispetto all’accordo sulla libera circolazione delle persone.

In futuro, la libera circolazione delle persone tra la Svizzera e gli Stati membri dell’UE sarà estesa allo standard della direttiva sui cittadini dell’Unione, con due eccezioni, in particolare in relazione all’espulsione dal territorio nazionale.

Se l’accordo sulla libera circolazione delle persone è già incompatibile nella sua versione attuale con l’articolo 121a della Costituzione federale, ciò vale a maggior ragione per l’adeguamento previsto dall’accordo quadro. Da un lato, la libera circolazione dovrebbe essere ulteriormente ampliata, il che aumenterebbe la divergenza rispetto alla limitazione dell’immigrazione mediante numeri massimi e contingenti prevista dall’articolo 121a capoversi 2 e 3 della Costituzione federale. Dall’altro lato, in futuro dovrebbe avvenire un recepimento dinamico del diritto dell’UE. La Svizzera perderebbe così, in misura ancora maggiore rispetto ad oggi, la sua influenza sulla migrazione dagli Stati membri dell’UE. Ciò accentuerebbe ulteriormente la contraddizione con l’articolo 121a capoverso 1 Cost., che richiede una gestione autonoma dell’immigrazione.

L’adeguamento previsto dell’accordo sulla libera circolazione delle persone è quindi ancora più incompatibile con l’articolo 121a della Costituzione federale rispetto alla versione attualmente in vigore. La discrepanza sostanziale sarebbe notevolmente accentuata dal previsto ampliamento della libera circolazione delle persone e, soprattutto, dal recepimento dinamico del diritto.

 

3.3. Necessità di rivedere l’articolo 121a della Costituzione federale per l’adeguamento previsto dell’accordo sulla libera circolazione delle persone

Le autorità federali sono vincolate dal diritto (art. 5 cpv. 1 Cost., principio di legalità). Non possono emanare atti che siano in contrasto con la Costituzione federale. Di conseguenza, il Consiglio federale e l’Assemblea federale non possono concludere trattati internazionali che non siano conformi alla Costituzione federale.15 L’articolo 121a capoverso 4 della Costituzione federale lo sancisce espressamente, stabilendo che non possono essere conclusi trattati internazionali che violino tale articolo (si intendono i capoversi 1-3 dell’articolo 121a).

Tale divieto non riguarda solo i nuovi trattati internazionali, ma anche l’assunzione di nuovi obblighi internazionali mediante l’adeguamento dei trattati esistenti.16

Le disposizioni della direttiva sui cittadini dell’Unione sono in contrasto con l’articolo 121a della Costituzione federale. L’articolo 121a capoverso 4 della Costituzione federale ne impedisce l’adozione, che è ammessa solo se l’articolo 121a della Costituzione federale viene preventivamente modificato. La decisione di approvazione deve essere collegata, ai sensi dell’articolo 141a capoverso 1 della Costituzione federale, a una modifica dell’articolo 121a della Costituzione federale. In questo modo è possibile evitare la contraddizione tra la Costituzione e il trattato. Non sarebbe necessario abrogare in modo generale l’articolo 121a della Costituzione federale. Sarebbe sufficiente inserire un nuovo paragrafo o eventualmente anche una disposizione nelle disposizioni transitorie della Costituzione federale, secondo cui per l’accordo da concludere con l’UE si applica un’eccezione.

Art. 141a Costituzione federale – Attuazione dei trattati internazionali

Cpv. 1 Se il decreto di approvazione di un trattato internazionale sottostà al referendum obbligatorio, l’Assemblea federale può includere nel decreto le modifiche costituzionali necessarie per l’attuazione del trattato.

Cpv. 2 Se la decisione di approvazione di un trattato internazionale è soggetta a referendum facoltativo, l’Assemblea federale può includere nella decisione di approvazione le modifiche legislative necessarie all’attuazione del trattato.

Di conseguenza, secondo il diritto costituzionale vigente, l’adeguamento previsto dell’accordo sulla libera circolazione delle persone non è ammissibile. Esso richiederebbe piuttosto una previa revisione dell’articolo 121a della Costituzione federale (rinuncia a una gestione autonoma dell’immigrazione, nonché a numeri massimi e contingenti).

 


1 Comunicato stampa del 30 Aprile 2025, Il Consiglio federale, disponibile su https://www.news.admin.ch/de/newnsb/nZPui4ybDJRNFN-qkQtS5.

2 Cfr. artt. 60 e seguenti del Regolamento del Consiglio federale (RCP) e art. 141 della Costituzione federale (CF).

3 Vedi, tra gli altri, Andreas Glaser sulla NZZ del 24 gennaio 2024, p. 7, riguardo alla doppia maggioranza.

4 Prof. emerito Dr. iur. Paul Richli, Doppia maggioranza di popolo e Cantoni per Bilaterali III o per l’Accordo quadro 2.0?, p. 1.

5 Messaggio relativo a una nuova Costituzione federale del 20 novembre 1996, p. 364.

7 Cfr. Verbali delle sedute 2020, pag. 676 e seguenti; vedi anche Verbali delle sedute 2021, p. 956.

8 Consigliera federale Keller-Sutter, dibattito al Consiglio nazionale, 04.05.2021 sul n. 20.016.

9 Il referendum sui trattati internazionali nel diritto costituzionale federale, BJ, 27 maggio 2024.

10 Referendum obbligatorio per trattati internazionali con carattere costituzionale. Modifica dell’articolo 140 della Costituzione federale, 20.016 su https://www.parlament.ch/de/ratsbetrieb/suche-curia-vista/geschaeft?AffairId=20200016.

11 Giovanni Biaggini, Costituzione federale della Confederazione Svizzera, Commentario, 2ª ed. 2017, art. 121a n. 6; Véronique Boillet / Francesco Maiani, in: Costituzione federale. Commentario romando, 2021, art. 121a n. 9; Daniela Thurnherr, in: La Costituzione federale svizzera, Commentario di San Gallo, 2023, art. 121a n. 31; Peter Uebersax, in: Costituzione federale, Commentario di Basilea, 2015, art. 121a n. 28.

12 L’utilizzo di ulteriori strumenti per regolare l’immigrazione non è tuttavia escluso; cfr. Biaggini, art. 121a n. 8.

13 Biaggini, art. 121a n. 9; Jaag/Hänni, n. 4053; Thurnherr, art. 121a nn. 40 e 83.

14 Cfr. art. 45 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e art. 20 cpv. 2 lett. a nonché art. 21 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.

15 Ulrich Häfelin / Walter Haller / Helen Keller / Daniela Thurnherr, Diritto costituzionale federale svizzero, 10ª edizione, 2020, n. 1923.

16 Boillet / Maiani, art. 121a n. 23; Thurnherr, art. 121a n. 60.